Oltre al danno, il lockdown ha portato in dote la beffa. Gran parte dei negozi di successo prima della chiusura forzata erano infatti quelli che offrivano la cosiddetta “esperienza d'acquisto”, cioè quella che è risultata impossibile in tempo di quarantena. Chiusi i negozi, molti hanno pensato (e aperto) gli e-commerce, soprattutto nel settore retail, per vendere il vendibile. Ma la sensazione è che molti, per non dire quasi tutti, l'abbiano fatto per tirare a campare, senza crederci più di tanto. Gli e-commerce per i negozi sono diventati un rimedio obbligatorio in questi ultimi mesi: "Se non lo tiri su muori, allora sfrutta il tempo in quarantena per sopravvivere", sostiene il vicino di serranda. Chi l'ha pensata così, senza una visione a lungo termine, sta perdendo una grande occasione: gli e-commerce sono il futuro, più che il presente, e rappresentano una fonte di guadagno potenzialmente infinita, a patto di saperli creare, prima, e valorizzare, poi.
I negozi senza e-commerce sono stati denudati
Il lockdown ha messo a nudo i negozi – scherzo del destino: in particolare quelli che vendono vestiti, visto che stando in casa il guardaroba utile si è ridotto a tute e pigiami – che prima puntavano tutto sul commercio vecchio stampo, e ha smascherato l'inadeguatezza di tutti gli altri, che prima già arrancavano. Si sono salvati quelli che avevano già avviato un progetto e-commerce solido e duraturo, affidato ad agenzie strutturate e potenziato attraverso azioni di marketing strategico. Il successo di questi ultimi, che spesso si sono ritrovati a vendere online più di quanto avessero mai fatto prima, e la crisi verticale degli altri, ha suggerito una sola conclusione: l'e-commerce per i negozi è ormai uno strumento essenziale, sia in tempo di pandemia che in futuro, proprio perché la pandemia, anche una volta terminata, avrà cambiato le abitudini dei consumatori. Il processo di digitalizzazione degli acquisti si è velocizzato per via dell'impossibilità di comprare fisicamente i prodotti. I prossimi anni si sono condensati in pochi mesi, così oggi molti si ritrovano maledettamente in ritardo: non hanno un e-commerce, o ne hanno raffazzonato uno in poche settimane.
L'Italia chiude, gli e-commerce per negozi aprono nuove prospettive
Mentre l'Italia chiude, gli e-commerce aprono, e prendono il volo quelli già ben avviati, o quelli nuovi ben pensati e costruiti. L'esperienza di acquisto su cui puntavano i negozi non va buttata, semmai va trasferita nel negozio virtuale: un sito ecommerce B2C, cioè diretto al consumatore, funziona se è ospitale, ed è ospitale se è come il negozio fisico, cioè al suo interno ci si trova bene, si raggiunge facilmente il prodotto desiderato, si viene indirizzati all'acquisto corretto, si riceve l'articolo giusto nei tempi prefissati, e quindi, alla fine, ci si torna volentieri. E si segnala agli amici, avviando il circolo virtuoso che porta al guadagno. I desideri dei consumatori, in sostanza, non sono cambiati, lo sono solo le abitudini per via dell'impossibilità di accedere fisicamente agli spazi commerciali. E se anche in futuro si potrà, è assai probabile che gli ingressi siano a lungo contingentati e che una gran parte di clienti preferisca rimanere a distanza. Ma ciò non significa che non voglia comprare, anzi: uno degli effetti collaterali dell'isolamento è che, in molti casi, si innalza la voglia di acquisti di consolazione dopo il periodo di astinenza in cui le persone avevano meno voglia di comprare vestiti per via dell’incertezza del futuro, delle difficoltà economiche e per il semplice obbligo di restare a casa.
Chi vende online ha guadagnato nuovi clienti
Secondo un’indagine di Netcomm, il 77% delle aziende che vende online ha dichiarato di aver acquisito nuovi clienti. Vuol dire che non solo ha conservato quelli che aveva, ma ne ha raccolti altri, costretti ad avvicinarsi per la prima volta al mondo degli acquisti online. C'è quindi un mercato ancora da intercettare, e che rimarrà nei prossimi mesi, per i motivi di cui sopra. Anzi, di più: secondo una ricerca di Bain & Company, società di consulenza, si potrebbe verificare una ripresa del settore retail, in particolare quello della moda, simile al post-SARS del 2003, ovvero che se la richiesta di cibo e cosmetici tornerà ai livelli pre-crisi, quella dell'abbigliamento li supererà cavalcando il cosiddetto “revenge spending”, cioè la feroce volontà di spendere dopo un periodo di impossibilità per cause di forza maggiore.
L'importanza della comunicazione per far funzionare un e-commerce per il retail
Ma per far funzionare un e-commerce nel settore retail, non basta averlo. Serve che sia accogliente, come detto, e che trasmetta i valori del negozio fisico. Una delle cose più importanti è quindi puntare sull’insieme di valori che caratterizzano il negozio, anziché spingere sui prodotti. Raccontare se stessi è meglio che raccontare gli articoli perché si evita di spingere il consumatore all'acquisto in un momento in cui l'azione di acquistare è particolarmente delicata e per nulla scontata. Secondo gli esperti, i marchi e i negozi (che a loro volta sono chiamati, ora più che mai, a diventare marchi: non più solo “contenitori”, ma anche loro stessi “contenuto”) che trasformeranno la crisi in un nuovo rilancio saranno quelli che sono stati in grado di costruire un rapporto con i clienti, o saranno capaci di farlo in questo momento. L'obiettivo quindi è comunicare un’immagine di sé che va oltre la vendita e i prodotti venduti, anche perché è possibile che il trend del settore retail, valido anche per gli e-commerce, diventi comprare meno spendendo di più, scegliendo vestiti di qualità e di maggior durata, meno legati alla moda del momento.
Gli ecommerce B2C hanno ancora un mercato da intercettare, soprattutto in Italia
Ecco perché è necessario fare comunicazione, attorno ad un e-commerce, ora più che mai. L'onda si è alzata, in risposta al lockdown. L'ecommerce potrebbe fare nel 2020 i passi avanti attesi da almeno un decennio: la sua quota di mercato rispetto al volume delle vendite totali in Italia è ancora molto bassa (secondo Eurostat, nel 2019 si attesta al 12%), ma siccome è al pari di Bulgaria, Cipro, Grecia e Romania, vuol dire anche che c'è anche un ampio margine di miglioramento. C'è una grande fetta di mercato ancora da intercettare. Inoltre, ad aver risposto sono soprattutto gli l'ecommerce B2C, cioè destinati al consumatore, che sono riusciti a correggere un settore che in Italia, secondo i dati del Politecnico di Milano, vale circa 6,6 miliardi e conta più di 700 imprese attive. Solo in Italia, l'Istat ha rilevato una crescita del 20,7% nel mese di marzo nel monte di affari sugli e-commerce. E se l'impennata continua, conviene costruire il negozio digitale per tempo, e farlo bene per beneficiarne anche in futuro.